SANT’ANGELO
LODIGIANO
Cenni
storici
Sant’Angelo
Lodigiano è uno dei maggiori comuni della provincia di
Lodi; si trova lungo le rive del fiume Lambro. Non si sa con
esattezza a quale santo Angelo si riferisca il toponimo: è
certo però che in epoca longobarda era molto diffuso il culto
di San Michele Arcangelo, anche se sul territorio non sono presenti
edifici sacri a lui dedicati.
Il primo
nucleo abitato del paese risale a epoca remota e si ritiene si fosse
insediato alla confluenza fra il Lambro settentrionale (detto”vivo”)
e il Lambro meridionale (detto “morto”), proveniente
dalle paludi formate dall’Olona.
Sant’Angelo
viene citato per la prima volta in un inventario dei beni del
monastero di santa Cristina de Olona alla fine del X secolo e in un
atto del 1188; secondo lo storico Giovanni Agnelli possedeva
un’importante chiesa plebana che nel 1261 fu sottoposta al
pagamento del tributo al legato pontificio.
Intorno
all’XI e XII secolo il paese era formato da tre nuclei: santa
Maria, san Martino e Cogozzo, ognuno dotato di una chiesa e l’ultimo
anche di un castello, poi distrutto nel XIV secolo; con il dominio
visconteo Sant’Angelo crebbe d’importanza e di prosperità
e rimase a lungo nell’orbita milanese nonostante i numerosi
tentativi dei vescovi di Lodi di rivendicare i propri diritti sulla
zona.
Anche
Sant’Angelo ha subito negli ultimi decenni un’intensa
espansione edilizia che ha portato alla realizzazione di nuovi
quartieri residenziali e di strutture per accogliere manifestazioni
di vasto richiamo.
Il Castello
Nel 1375
Bernabò Visconti vi fece costruire un grandioso castello per
donarlo alla moglie Regina della Scala. Subentrato successivamente a
Francesco Sforza, fu conferito da quest’ultimo a Matteo detto
il Bolognino in cambio della rocca di Pavia; nel 1452 i conti
Bolognini diventarono i nuovi signori del paese, dove rimasero fino
al Novecento.
Fra il XV
e il XVI secolo Sant’Angelo dipese negli statuti e negli
ordinamenti dalla città di Pavia; fu poi coinvolto negli
scontri sanguinosi fra gli Spagnoli e i Francesi interessati alla
conquista del ducato di Milano, subendo spesso invasioni e saccheggi.
Durante
la dominazione spagnola l’importanza del paese non diminuì
poiché derivata dalla sua vivacità commerciale, legata
in particolare a un mercato settimanale di bestiame svariati prodotti
quali lino, carni e cordame.
Nel corso
del XVII secolo il paese fu teatro di lotte popolari organizzate
dalla famiglia locale dei Barasa contro la signoria dei Bolognini che
tuttavia si placarono verso la metà del secolo successivo.
I conti
Bolognini s’impegnarono attivamente nella vita del paese
favorendo la creazione di istituzioni assistenziali e di opere
pubbliche, come per esempio il primo ponte in ferro detto “il
Ferrante” dal nome del conte che lo fece costruire, un
impianto idraulico per la molitura e canali di irrigazione. L’ultimo
discendente del casato, il conte Gian Giacomo Morando Bolognini,
avviò gli interventi di consolidamento e di restauro del
castello sia all’interno che all’esterno: dal 1919 anno
della sua morte i lavori vennero proseguiti dalla vedova, contessa
Lydia, che in mancanza di eredi trasmise il possesso del castello
all’Istituto Sperimentale di Cerealicoltura.
BASILICA
ROMANA MINORE
PARROCCHIA con il
titolo di S.ANTONIO ABATE E S.FRANCESCA CABRINI
(titolo aggiunto nel
1946) - sede di vicariato - Diocesi di Lodi - provincia di Lodi
Cenni storici
Dall’Archivio
vescovile di Lodi si rileva che la “ECCLESIA PLEBANA” di
S. Angelo ha origini risalenti al 1210, era ubicata al centro
dell’abitato e ne era arciprete un certo don Gerardo.
Si
suppone che sia durata fino al 1400 con l’edificazione di una
nuova chiesa parrocchiale e del campanile su quella esistente. Questa
seconda parrocchiale subì diverse trasformazioni e in una di
queste fu assegnato un nuovo patrono alla chiesa, S.Antonio Abate
(1535).
Verso il
1660 i fedeli chiedono al parroco, dott. Don Domenico Longo, di
edificare una chiesa più decorosa; nonostante le gravi
difficoltà economiche nel 1662 il parroco designò 27
delegati della fabbrica della chiesa e il 12 giugno 1662 ebbe inizio
<la fabbrica della chiesa parrocchiale di S.Antonio Abate, della
terra di S.Angelo, quale è stata compitamente stabilita dalla
pietà dei poveri, non restando altro che il campanile
imperfetto così lasciato dai nostri antenati>.
Il 4
agosto 1673 la parrocchiale fu ultimata: era a tre navate, con 4
cappelle a destra e 3 nicchie a sinistra, oltre al battistero. La
parte più bella e caratteristica fu il campanile che divenne
poi lo stemma civico e il simbolo della borgata.
Nel 1787
il campanile venne sopraelevato con rifacimento barocco e nel 1826
venne ultimato con terrazzo e colonna neo classica scannellata, sulla
cui sommità svetta la statua di San Michele in marmo di Viggiù
opera dello scultore milanese Butti.
Nel 1767
le campane vennero portate a cinque e venne costruito l’artistico
e prezioso altare Maggiore che rimase nell’ultima basilica fino
al 1968 anno della ristrutturazione secondo i dettami della riforma
liturgica.
La storia
della basilica attuale comprende circa un secolo; difatti ebbe inizio
con il primo progetto nel 1859 per iniziativa del parroco mons.
Bassano Dedè (padre spirituale di Madre Cabrini), elaborato
dall’ing. Giovanni Vandoni di Milano.
Negli
anni precedenti la prima guerra mondiale venne approvato un nuovo
progetto dell’arch. Venturini di Cremona: entrambi i progetti
furono disattesi per cause indipendenti dalla volontà dei
parroci e dei fedeli.
Con
l’arrivo nel 1921 di mons. Enrico Rizzi, nuovo parroco, il
problema della nuova chiesa venne riproposto e il nuovo progetto fu
affidato all’ing. Spirito Maria Chiappetta di Milano.
Il 7
luglio 1928 venne posta la prima pietra ed ebbero inizio i lavori
affidati all’impresa di Felice Conti.
La nuova
basilica è a croce latina con santuario a trifoglio deformato.
La pianta è a tre navate: la navata centrale si allarga in
corrispondenza dei bracci di croce trasversali ed assume la forma di
un ottagono con absidi laterali a tutto sesto, mentre le navate
laterali girano attorno alle absidi stesse. In corrispondenza della
parte ottagonale le volte si elevano fino all’imboccatura pure
ottagonale della cupola alta ben trenta metri da terra. L’interno
ricco di marmi e decorazioni arieggia lo stile rinascimentale
bramantesco.
Il
progetto fu attuato fedelmente e la chiesa potè essere
consacrata il 28 ottobre1938 (anniversario marcia su Roma) da Mons.
Pietro Calchi Novati, Vescovo di Lodi.
Il 13
Novembre dello stesso anno avvenne la beatificazione di Madre
Cabrini.
La
decorazione fu iniziata con mons. Rizzi e conclusa nel maggio del
1944 con Mons. Giuseppe Molti.
Le
decorazioni sono opera della scuola del Taragni di Bergamo, mentre i
grandi affreschi delle absidi, delle lunette e delle tazze sono di
Pasquale Arzuffi, pittore bergamasco.
Le
vetrate, dipinte con colori a fuoco, sono opera dell’artista
lodigiano Gaetano Bonelli.
Tuttavia
le tre vetrate con la vita della Santa (passaggio delle Ande -
la stesura delle regole dell’istituto e la sua morte) furono
eseguite dalla Veder Art della fabbrica del Duomo di Milano.
Il
presbiterio come si presenta ora, è il risultato di una
ristrutturazione avvenuta nel 1968 su progetto dell’arch. Mons.
Valerio Vigorelli della scuola del Beato Angelico di Milano.
Nel 1969
il vecchio altare fu trasferito nella chiesa di Santa Maria Regina in
Cogozzo e la cappella di S.Antonio fu trasformata in cappella del
SS.Sacramento; degno di rilievo è il Tabernacolo.
Nel 1976,
a ricordo del 30° anniversario della canonizzazione di
S.Francesca Cabrini, il primitivo pavimento in mattonelle di cemento
venne rifatto in lastre di granito.
Particolare
attenzione meritano alcune opere sia per il loro valore intrinseco
artistico, sia per il loro valore storico in quanto provenienti dalle
chiese parrocchiali preesistenti.
Cappella
della Madonna del Rosario: risale alla chiesa parrocchiale del
1400 e notevole è lo stile rinascimentale dell’altare
marmoreo. Gli affreschi della volta sono del Morazzone, quelli
laterali sono del 1950 del pittore Arzuffi, frutto di artigianato
locale sono i quadri dei quindici misteri del Santo Rosario. La
statua della Vergine è in legno, sopra è posta una
piccola tela raffigurante Dio Padre, attribuita a Daniele Crespi.
Battistero:
opera in legno di pregiata fattura seicentesca proveniente dalla
vecchia chiesa parrocchiale, qui è stata battezzata il 15
luglio 1850 S.Francesca Cabrini.
Cappella
del Sacro Cuore: ”Madonna con bambino e santi” è
un affresco strappato dalla demolita chiesa di Santa Marta ma
proveniente dalla prima chiesa quattrocentesca.
Cappella
SS.SACRAMENTO: la pala di S.Raffaele è una tavola
cinquecentesca in legno, incastonata in una cornice di costruzione
recente di stile neo classico. Questa tavola venne attribuita
all’attività pittorica di Bernardino Lanino(1512-1583),
riflettendo tutto lo stile di Gaudenzio Ferrari nella cui bottega il
pittore svolse uno dei periodi principali del suo lavoro artistico.
Cappella
di Santa Francesca Cabrini: sulla parte centrale domina la tela
raffigurante la giovane Madre Cabrini che sembra sciolta da tutti i
legami terreni e librata nell’aria sullo sfondo del mare e del
cielo, opera del celebre pittore Galizzi; gli altri due quadri sono
del pittore Cesare Secchi e raffigurano l’assistenza agli
emigranti e l’opera educativa fra la gioventù. L’altare
in marmo è sormontato dal prezioso reliquiario contenente il
”radio” della Santa.
Questa
basilica sorta in un periodo di grave crisi economica, testimonia la
generosità di un popolo che ha saputo apprezzare la fortuna e
l’onore di avere come concittadina una grande Santa: Francesca
Saverio Cabrini.